Intervista
  

A.B. - Come e quando si è formato il vostro gruppo?

Zahra Bani - Halima Zeiter e io suoniamo insieme da più di trent'anni. Nel nostro primo gruppo c'erano la madre di Saïda e Fatna. Poi la madre di Saïda ha preferito che sua figlia la rimpiazzasse e Saïda ha portato Malika Rahmi, sua amica d'infanzia. Khadija ha rimpiazzato Fatna, che a settant'anni suonati non ha più tanta voglia di muoversi.

A.B. - Come avete appreso i canti del vostro repertorio?

Halima Zeiter - Quando ero bambina nel nostro quartiere, il Moukef, almeno un paio di volte a settimana si teneva una festa a casa di qualche conoscente (nascite, circoncisioni, fidanzamenti o semplici riunioni familiari); nei tre mesi d'estate si celebravano matrimoni tutti i giorni. La musica era sempre richiesta, non c'erano dischi o cassette e l'unico modo per ascoltare musica era stare seduti accanto a quelli che la eseguivano.


Zahra Bani, la decana
delle B'net Houariyat

Mia madre è originaria dell'Hamada del Dr`aa e conosce alla perfezione i repertori di quelle regioni; mi portava con lei alle feste dell'henna e a me piaceva molto andarci, perché tutti erano molto gentili con me, mi davano dolci e altre cose buone da mangiare. La prima volta che ho suonato in pubblico avrò avuto si e no cinque anni: percuotevo la ta`arija senza cantare, altrimenti non sarei riuscita a tenere il tempo...

A.B. - E come hai fatto per perfezionarti?

Halima Zeiter - Beh, da bambini i nostri giochi preferiti avevano sempre a che fare con il ritmo delle percussioni e con la danza: usavamo barattoli, scatole di cartone, pezzi di ferraglia... qualsiasi materiale che potesse essere percosso, e quando per l'Achoura (il "capodanno" islamico) i genitori ci regalavano una vera  ta`arija  la nostra gioia era completa.

A.B. - Avete fatto altri lavori, oltre all'attività musicale?

Saïda Madrani - Quasi tutte noi, da ragazze, lavoravamo al telaio: facevamo coperte, tappeti, cinture.

A.B. - Adesso capisco da dove prendete quelle immagini così particolari come: "su, andiamo fratello, vieni cintura di seta".

Saïda Madrani - Si, può darsi, ma da allora, a parte i lavori di casa, l'unico mestiere che abbiamo praticato è quello di musiciste popolari. Quando cominci a guadagnare piccole somme di denaro non ti va più l'idea di uscire di casa per fare un altro lavoro. Penso di essere stata fortunata, perché il nostro mestiere ti mette a contatto con i momenti più felici della vita: durante una festa tutti sono allegri e ben vestiti e cercano di mostrare il loro lato migliore. Inoltre è un lavoro indipendente, che non ti sottopone obbligazioni e che ti permette di occuparti della tua vita familiare. I commitenti sono generalmente persone che si conoscono, familiari o vicini: all'inizio della settimana vengono a cercarti per organizzare la festa che ha luogo il venerdì o il sabato e se sei impegnata o hai altro da fare, puoi sempre mandare al tuo posto qualcuno della famiglia o un'amica.

A.B. - In che modo vivete l'esperienza delle tournées all'estero?

Khadija Haliba - Prendere l'aereo è divertente, un po' meno le scale mobili, mi piace andare a Barbès per comprare i regali alla famiglia... e poi incontriamo tanti nostri connazionali all'estero, vediamo come vivono veramente, in quale ambiente... in Marocco tanti si fanno idee strane sulla "Fransa" e sui marocchini che ci vivono, pensano che tutti vivano nel lusso, con belle case e automobili grandi, solo perché quando tornano per una vacanza al paese fanno di tutto per nascondere ai loro cari i sacrifici che fanno all'estero... Comunque è bello viaggiare e suonare con i nostri nuovi amici, Mami (Cheb Mami), Karim (Karim Ziad), Luèn (Nguyên Lê), Bittèr (Peter Gabriel).

A.B. - Come vi trovate a suonare con persone e strumenti così diversi da quelli a cui eravate abituate?

Malika Rahmi - Non è poi tanto diverso da quello che facciamo a Marrakech. Per stabilire un'intesa con i nostri nuovi partner utilizziamo il solito sistema, cioè l'hichara (gesto): quando stiamo per cambiare mizan (misura ritmica, letteralmente "bilancia") io faccio un'ouqfa ("alzata", movimento che consiste nel sollevare la tara sopra la testa) e il colpo che dò in questa posizione è il primo del nuovo mizan. Poi abbiamo concordato dei nuovi segnali per capire quando dobbiamo fermarci, o dare spazio agli altri musicisti, o rientrare per sostenere il mizan, fare il... come lo chiama Karim?

A.B. - Groove... ma come avete vissuto il cambiamento di situazione? Voglio dire, voi quando lavorate a Marrakech vi sedete in circolo in un angolo della sala o del ryad e cominciate a suonare e cantare quasi senza guardare i presenti, sembrate una squadra di pallacanestro durante il time-out.

Zahra Bani - Ma questo ha a che fare con le norme di buona educazione, da noi in Marocco, il rispetto della casa, degli ospiti, e poi, quando ci sono gli uomini, se una donna che canta e suona li guarda troppo rischia di essere presa per una di costumi leggeri.

A.B. - D'accordo, ma all'estero vi esibite in concerti-spettacolo sotto le luci dei riflettori, le vostre voci e i vostri strumenti sono amplificati e di solito c'è un pubblico che non ha molto a che fare con i matrimoni tradizionali marocchini, e a volte sono migliaia di persone.

Halima Zeiter - Beh, anche in questo caso non guardiamo troppo in faccia gli ospiti, sedute o in piedi, non c'è una grande differenza: il fatto che durante il bis suoniamo l'houari in piedi mi poneva qualche problema le prime volte, perché per suonare il naqqous devo poggiarlo da qualche parte, allora ho cominciato a tenerlo sulla testa e ho scoperto che in questo modo posso anche danzare. Quello che facciamo, soprattutto le cose più antiche, come l'houari e l'hamada, è qualcosa che abbiamo nel sangue, sono ritmi che fanno circolare il nostro sangue, ma anche quello di chi ci sta a sentire. Così la nostra energia mette in moto un mizan e questo, attraverso i microfoni e gli amplificatori, arriva al pubblico e gli trasmette la voglia di danzare e di far festa.


B'net Houariyat in trasferta a Parigi 


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